Quelle élite autofinanziate con denaro pubblico

Le élite assestate al potere temono cittadini acculturati e bene informati. Conservare i privilegi acquisiti con il loro status è complicato se i governati hanno un’alta capacità contrattuale. Se nelle dittature sono gli apparati del partito unico e quelli militari ad assicurare lo status quo, nelle oligarchie (mascherate da democrazie) provvedono le strutture economico-finanziarie.

Da quale mondo vengono i premier Macron (francese), Trudeau (canadese), Rutte (olandese), Sanchez (spagnolo), Guterrez, segretario generale dell’Onu, Lagarde, presidente della Banca centrale europea, von der Leyen, presidente Commissione europea ed ex capi di governo italiani come Monti e Draghi? Quale ruolo svolgono tuttora? Dove orientano l’opinione pubblica?

È un dato di fatto oggettivo che da quando l’Unione Europea è diventata un gigantesco moloch, quell’1 per cento di popolazione che detiene l’intera ricchezza del pianeta e che ha nelle multinazionali statunitensi gli alfieri più rappresentativi ha accentuato il potere su miliardi di persone.

La famiglia Elkan, subentrata agli Agnelli nella gestione di ingenti capitali, è l’esempio più vicino agli italiani di come sia possibile governare attingendo al denaro pubblico raccolto con le tasse pagate dai contribuenti. “Milano Finanza” ha calcolato che in 40 anni il gruppo Fiat ha ricevuto 220 miliardi di euro dalle finanze dello Stato che sono andati a ripianare i bilanci di investimenti, evidentemente non redditizi, in modelli di vetture rifiutate dal mercato.

Sotto la spada di Damocle di riduzione di personale i vari governi hanno sempre ceduto alle pressioni della Fiat concedendole risorse. “La Stampa”, che i torinesi chiamano affettuosamente “La Busiarda”, è l’house organ della famiglia

Agnelli, oggi Elkan, usato per mandare messaggi ai vertici della politica in modo che risponda adeguatamente alle loro richieste. Da tempo al quotidiano torinese s’è affiancato “La Repubblica” che, gradita ai radical chic, ha il compito di catechizzare i lettori ad aprirsi al progresso (leggi transumanesimo).

Non è casuale se la prefazione al libro “La quarta rivoluzione industriale” di Klaus Schwab, fondatore del Forum economico di Davos, è firmata proprio da John Elkan.

«La quarta rivoluzione industriale sta cambiando ciò che siamo, mettendo in discussione la “natura stessa della nostra esistenza”» si legge a pagina 122. «La disuguaglianza sarà ‘ontologica’ distinguendo e separando chi si adatta e chi si oppone (per l’Autore corrispondenti a vincitori e vinti). I cambiamenti significativi su aspettative di vita, salute, conoscenze e abilità (prodotte dall’uso delle tecnologie e dall’Intelligenza Artificiale sull’umanità) porteranno a ridefinire lo stesso concetto di essere umano. La sfida è nella capacità di controllare simili processi».

Dunque per procedere nell’educazione dell’opinione pubblica (i governati/sudditi) in modo che assimili sempre più e meglio i valori democratici la Commissione europea ha stanziato 11 milioni di euro a sostegno dei media indipendenti italiani.

E chi sono questi giornali? Ma guarda un po’, tutti quelli che contribuiscono a formare il pensiero unico: Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, Il Sole24Ore etc. etc. Ai giornali online, che non sono controllati dal mainstream, neppure un centesimo, ovviamente.

In pratica Von der Leyen distribuisce denaro pubblico agli editori amici (Elkan, Cairo, Berlusconi & Company), che spiegheranno, con i loro giornali, che la posta in gioco alle elezioni europee è scegliere tra i buoni democratici e i cattivi sovranisti.

Così il cerchio si chiude: soldini raccolti dai cittadini europei che tornano nelle tasche di quell’1 per cento che deve continuare a governarli.

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